lunedì 8 settembre 2025

BOTANY_di luce e ombra

dal 4 al 19 ottobre 2025

COWOJ Jesi



Si diventa intimi al mondo dando del tu ad una foglia, al suo cospetto s’impara a delineare per poi liberare le forme, a respirare l’ombra e la luce, a tessere con loro una leggera danza. 

È L’ombra di una foglia a condurci dalle metafisiche arcate del chiostro di Sant’Agostino, dove si risvegliano i  battenti dello studio di Marta, alla corte di Palazzo Ghislieri, per poi varcare, confusa con le nostre,   la soglia di vetro e sorvolare le antiche volte che ospitano la mostra   BOTANY_ di luce e ombra. È al silenzio di questa piccola ombra in movimento che  Alberto Pedri affida il racconto e la scoperta del suo lavoro e di quello di Marta Mancini, intrecciati nei rimandi e nei significati profondi come i rami di un albero. È proprio dai rami di un bosco  che Marta, ovvero il suo doppio d’ombra, la raccoglie per farla giocare con i  vorticanti pulviscoli  di un occhio di luce che  illuminano il suo volo  tra i quadri appesi,  lasciandola poi  riposare nelle eteree quinte di carta di Alberto. In questi veli, che ondeggiano dolcemente al nostro passaggio,  sono  state contornate,  dipinte e in parte tagliate a metà o del tutto le foglie raccolte da Alberto nel  giardino di casa, il risultato è  un moltiplicarsi di ombre che si rispecchiano nei vuoti e nelle pieghe dei ritagli, un’incantata pioggia di foglie di lillà, di quercia,  d‘acero e d’acacia, che smaterializza lo spazio interno ricamandolo di ombre, compresa quella di Alberto che firma così la sua opera. Siamo dentro una dimensione contemplativa e di gratitudine  verso la varietà che la Natura sa sprigionare anche sotto un piccolo ritaglio di cielo .

Marta compie un percorso analogo mettendosi in risonanza con la campagna che la circonda, captandone i suoni, gli umori, gli odori, entrando in sintonia con la forza e la fragilità, accordando la sua tavolozza ai colori che schiudono le stagioni; ne nasce un delicato erbario cromatico che si riverbera sulla tela  e sulle carte: il bianco opalescente e sorgivo della linfa, quello striato di grigio di certe cortecce, il verde acerbo dei germogli, quello maturo dell’olivo o quello brumoso dei boschi, i rosa pallidi e setosi dei petali avvolti da rugiada, il tono ambrato della resina di pino, le ocre e gli aranci smorzati delle foglie d’autunno, il nero quiescente dei semi. Colori che si mescolano ai suoi  vaghi azzurri che sanno di cieli ombrati da nuvole o di specchi d’acqua leggermente increspati. Ora la sua pennellata si fa scudo poche volte di una materia turgida e coprente più spesso scorre liquida sul supporto, vi si adagia o improvvisa un segno incustodito che si sottrae lasciando un graffio, una selvatica scia. In maniera inattesa Marta si arresta a volte su tagli obliqui e asimmetrici che lasciano nuda la carta, il vuoto è cornice e finestra di luce che risalta il velo pittorico, lo sospinge verso chi guarda o lo allontana, creando slittamenti,  prossimità e distanze.

Come scriveva Bruno Munari, un altro curioso osservatore bambino del mondo vegetale, della luce e

dell’ ombra, occorre “sentire qualcosa che ci fa muovere la mano”, Alberto e Marta in Botany lo sentono.

 

MARTINA MAJOLATESI 















ph Francesca Tilio







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