BOTANY_di luce e ombra
dal 4 al 19 ottobre 2025
Si
diventa intimi al mondo dando del tu ad una foglia, al suo cospetto s’impara a
delineare per poi liberare le forme, a respirare l’ombra e la luce, a tessere
con loro una leggera danza.
È L’ombra di una foglia a condurci dalle metafisiche arcate del chiostro di Sant’Agostino, dove si risvegliano i battenti dello studio di Marta, alla corte di Palazzo Ghislieri, per poi varcare, confusa con le nostre, la soglia di vetro e sorvolare le antiche volte che ospitano la mostra BOTANY_ di luce e ombra. È al silenzio di questa piccola ombra in movimento che Alberto Pedri affida il racconto e la scoperta del suo lavoro e di quello di Marta Mancini, intrecciati nei rimandi e nei significati profondi come i rami di un albero. È proprio dai rami di un bosco che Marta, ovvero il suo doppio d’ombra, la raccoglie per farla giocare con i vorticanti pulviscoli di un occhio di luce che illuminano il suo volo tra i quadri appesi, lasciandola poi riposare nelle eteree quinte di carta di Alberto. In questi veli, che ondeggiano dolcemente al nostro passaggio, sono state contornate, dipinte e in parte tagliate a metà o del tutto le foglie raccolte da Alberto nel giardino di casa, il risultato è un moltiplicarsi di ombre che si rispecchiano nei vuoti e nelle pieghe dei ritagli, un’incantata pioggia di foglie di lillà, di quercia, d‘acero e d’acacia, che smaterializza lo spazio interno ricamandolo di ombre, compresa quella di Alberto che firma così la sua opera. Siamo dentro una dimensione contemplativa e di gratitudine verso la varietà che la Natura sa sprigionare anche sotto un piccolo ritaglio di cielo .
Marta
compie un percorso analogo mettendosi in risonanza con la campagna che la
circonda, captandone i suoni, gli umori, gli odori, entrando in sintonia con la
forza e la fragilità, accordando la sua tavolozza ai colori che schiudono le
stagioni; ne nasce un delicato erbario cromatico che si riverbera sulla
tela e sulle carte: il bianco
opalescente e sorgivo della linfa, quello striato di grigio di certe cortecce,
il verde acerbo dei germogli, quello maturo dell’olivo o quello brumoso dei
boschi, i rosa pallidi e setosi dei petali avvolti da rugiada, il tono ambrato
della resina di pino, le ocre e gli aranci smorzati delle foglie d’autunno, il
nero quiescente dei semi. Colori che si mescolano ai suoi vaghi azzurri che sanno di cieli ombrati da
nuvole o di specchi d’acqua leggermente increspati. Ora la sua pennellata si fa
scudo poche volte di una materia turgida e coprente più spesso scorre liquida
sul supporto, vi si adagia o improvvisa un segno incustodito che si sottrae
lasciando un graffio, una selvatica scia. In maniera inattesa Marta si arresta
a volte su tagli obliqui e asimmetrici che lasciano nuda la carta, il vuoto è
cornice e finestra di luce che risalta il velo pittorico, lo sospinge verso chi
guarda o lo allontana, creando slittamenti,
prossimità e distanze.
Come
scriveva Bruno Munari, un altro curioso osservatore bambino del mondo vegetale,
della luce e
dell’
ombra, occorre “sentire qualcosa che ci fa muovere la mano”, Alberto e Marta in
Botany lo sentono.
MARTINA
MAJOLATESI
EXIBART | Botany_di luce e ombra







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